Tony Hadley: «Amo cantare gli Spandau Ballet ma loro mi hanno danneggiato»




Il Tony Hadley ventenne di Top of the Pops resta una presenza musicalmente imponente, come i suoi quasi due metri d’altezza, sebbene i 40 anni d’intenso showbiz siano stati vivaci, prima con la sua ex band Spandau Ballet e in seguito come solista, accompagnato dal suo gruppo The Fabolous TH Band. Con quella voce che, a detta di molti, ricorda certe sonorità e ampiezze vocali di Frank Sinatra e David Bowie, nel suo percorso cambia spesso frequenza e si sposta dalle influenze della musica elettronica, al funky, fino al pop, di cui resta una delle voci più autorevoli, scrivendo le battute d’inizio del New Romantic, in un approccio nuovo, musicale e di costume. Torna in Italia, paese che ama: «Di Firenze ho ricordi bellissimi, ci vengo sempre con grandissimo piacere. Le persone, il cibo, il vino, la moda, l’arte. La vostra è una città meravigliosa, sicuramente una delle più belle al mondo». In questo 40th Anniversary Tour, che lo sta portando in giro per il mondo – a Firenze riapriamo il cassetto dei ricordi il 26 novembre ore 21 al Tuscany Hall – non mancheranno i pezzi cult degli Spandau Ballet come “Through the Barricades” e “True”, ma anche le canzoni da solista e qualche cover. In attesa del nuovo album, che uscirà il prossimo anno.

Le canzoni che lei canta hanno segnato un periodo preciso della musica pop. Non la sorprende che ancora oggi siano ascoltate con grande entusiasmo dai fan? È solo nostalgia o c’è qualcosa di più?


«Mi sorprende, e mi fa un enorme piacere. Sicuramente la musica ha una parte fortemente evocativa in sé, e quindi, ascoltare una canzone degli anni Ottanta, riporta immediatamente a riprovare nostalgia per quel periodo. I brani degli Spandau Ballet sono però anche molto belli, in questo senso probabilmente durano nel tempo».

Il nome Tony Hadley è ovviamente legato a quello degli Spandau Ballet. Quanto si sente ancora parte di quella band e quanto invece se ne vuole liberare?

«Da anni non sono più parte di quella band, e non torneremo più insieme. Però, ovviamente, non rinnego nulla, ci sono stati momenti molto belli».

Naturalmente si rende conto che il pubblico di Firenze, come quello del resto del mondo, sarà in teatro principalmente per ascoltare i successi degli Spandau Ballet interpretati dalla voce «originale»?

«Certo, e per me non è assolutamente un problema, amo ancora interpretare brani come True, Gold, Through the barricates, non mi stancherò mai di cantarle. Però sono felice di portare al pubblico anche diversi brani della mia carriera solista, tra cui alcuni nuovi, che saranno parte del nuovo album, in uscita nel 2023. E non mancheranno un paio di cover».

L’Italia: dopo l’Inghilterra, l’Italia è il paese che più ha amato gli Spandau Ballet. Si è mai chiesto il perché del vostro successo nel nostro Paese?

«Me lo sono chiesto molte volte, e la cosa mi riempie davvero di gioia. Tra l’altro, il successo nel vostro Paese è arrivato solo con il brano I’ll fly for you, ma da allora è scoppiato il delirio: gente che ci rincorreva per strada, scene di isterismo… tutto bellissimo».

Quanto ha influito il look, l’abbigliamento, lo stile, nel successo degli Spandau Ballet? E quanto invece la musica?

«Hanno influito entrambe le cose. La musica è ciò che sta alla base di tutto, solo con il look non saremmo andati da nessuna parte. Il look lo si prendeva dai club inglesi, erano loro a dettare le mode».

All’inizio, sembravate una band electro-pop, «To cut a long story short» avrebbe potuto essere tranquillamente scritta dai Depeche Mode. Poi che cosa è cambiato nella musica degli Spandau Ballet?

«Dice bene: siamo nati come gruppo basato sui sintetizzatori, poi l’avvento del brano True ha portato il gruppo in una direzione più pop, ma senza rinnegare le nostre origini. I brani degli Spandau Ballet non sono per nulla semplici, hanno una struttura molto complessa».

La rivalità con i Duran Duran era vera oppure era un modo per tenere alta l’attenzione e vendere più dischi, come — senza scomodare Beatles e Rolling Stones — per esempio Oasis e Blur?

«Era assolutamente creata dai media! Stimo da sempre i Duran Duran, sono felicissimo siano entrati nella Hall of Fame. Sono amico di Simon Le Bon, ci sentiamo spesso, e sono molto dispiaciuto per la malattia di Andy Taylor. Gli auguro di guarire prestissimo».

Sia voi sia i Duran Duran avevate un compositore all’interno della band, poi però i frontman erano ovviamente i due cantanti, lei e Simon LeBon. Questo per chiederle: che cosa caratterizza una band? Le canzoni, oppure la voce insostituibile del cantante?

«Credo che la band sia caratterizzata assolutamente da entrambi gli aspetti. Sono equamente importanti».

Le band si sciolgono, quasi sempre per motivi di ego o più banalmente di diritti sulle canzoni. Vi siete ritrovati per poi sciogliervi di nuovo. Ha dichiarato che non potrà mai più tornare con gli Spandau Ballet dopo quello che le hanno fatto. Che cosa le hanno fatto?

«Il gruppo ha sorpassato il limite con me, e ha fatto azioni che hanno danneggiato me, la mia famiglia, e il mio management. Non siamo più una band, mi spiace per i fan, ma la colpa non è mia».

È un esperto di calcio, tifosissimo dell’Arsenal. Qui a Firenze ancora rimpiangono Torreira, che lei ha visto per due stagioni a Londra e che la Fiorentina ha lasciato partire dopo un campionato convincente. Che ne pensa?

«Torreira è un giocatore di grande qualità, onestamente non capisco perché la Fiorentina se lo sia lasciato scappare, ma forse ci saranno motivazioni di cui non sono a conoscenza».

Se dovesse scegliere la canzone che più la rappresenta, quale sceglierebbe?

«Sicuramente Through the barricates. È la mia preferita».

Non sono mancate le collaborazioni con gli artisti italiani: Nina Zilli, Arisa a Sanremo. Com’è nata la collaborazione con Caparezza e cosa pensa dei giovani che devono lasciare il proprio paese per costruirsi una vita lontano dalla famiglia?

«La collaborazione con Caparezza è nata tramite la casa discografica, non lo conoscevo ma è nato immediatamente un bellissimo feeling. Michele è un artista di grande talento.Trovo triste che un giovane debba recarsi all’estero perché nel proprio paese non riesce a realizzarsi, ma nello stesso tempo, di solito, sono esperienze che arricchiscono, e che aprono la mente».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

24 novembre 2022 | 00:53

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